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Bombe intelligenti (...)

  • Daniela Mastracci
  • 17 ago 2018
  • Tempo di lettura: 6 min

Nei nostri discorsi possiamo distinguere due tipi di predicati, cioè due modi di unire un soggetto ad un predicato, due modi di legarli insieme. Il dire insieme, l’unire, il legare, il mettere in unità due elementi del discorso e dunque costruire un discorso, si dice, in greco, leghein, da cui viene logos, discorso, appunto.

Abbiamo il modo di predicazione analitico e il modo sintetico. Il predicato è analitico quando esso espliciti il concetto del soggetto cui è legato nella predicazione. Dunque tale predicato non aggiunge nulla al soggetto, si limita ad esplicitarne il significato, che è già in esso implicito. Il predicato analitico non ci fa conoscere nulla più che già non sapremmo se riflettessimo sul soggetto, cioè evincessimo, appunto, il significato di esso. Soggetto e predicato sono di fatto un’identità: l’uno potrebbe stare al posto dell’altro.

Cosa produce, se non produce conoscenza? Se detto come se esprimesse conoscenza, il predicato analitico risulterebbe ipnotico, perché ripete identicamente, infinitamente, se stesso. Darebbe illusione di aggiungere conoscenza, ma questa resterebbe però inchiodata a se stessa proprio nella infinita ripetizione dell’identico. Il nome è seguito sempre da medesimi attributi, fissa così tale significato, esclude, per definizione, differenti significati. Ma c’è anche un altro problema: la predicazione analitica esclude il dicente, cioè il “chi” dice la predicazione, il “chi” abbia operato il legame. Il dicente, con la giustificazione che la predicazione sia appunto analitica, nulla più della esplicitazione del significato del soggetto della proposizione, può escludere se stesso, come se la proposizione si dicesse da sé: godesse di autonoma, assoluta, vita propria, e perciò stesso fosse innocente, neutra, oggettiva.

Escludendo il dicente, autoescludendosi il dicente, e quindi il tempo del dicente, il mondo di quel “chi”, essa, la predicazione analitica, esclude la storia, l'essere divenuta analitica, come l'esser divenuta saputamente analitica della ragione stessa, cioè lo sviluppo storico attraverso cui tale è divenuta la ragione e così la ragione sa se stessa. Omette il divenire, e perciò il non essere eterno della sua presunta innocente verità oggettiva.

Veniamo al predicato sintetico: è sintetico un predicato aggiunto al soggetto ma non già contenuto nel concetto del soggetto, non analitico, cioè. Qui il legare si fa più evidente: c’è un operare il legame, un mettere insieme, una mediazione. Cioè è più evidente che ci sia all’opera il Logos, il pensiero che appunto lega, unisce, soggetto e predicato. Essi non sono un’identità, sono un due che il pensiero unisce sulla base di un legame di tipo empirico, ad esempio: una mela può essere gialla o rossa; colgo l’attributo e lo dico nella proposizione “la mela è rossa”. Si aprirebbe qui la secolare questione della verità dei predicati sintetici di tipo empirico. Si potrebbe analizzare la questione insieme a Kant e ai suoi predicati sintetici a priori. Ma allo scopo di questa riflessione è sufficiente andare avanti così: se il predicato sintetico viene detto senza il verbo (mela-rossa: una immagine che unisce come immediatamente mela e rosso), cioè senza l'atto del sintetizzare, il predicato sintetico può sembrare analitico, cioè può sembrare scaturire da sé dal soggetto, dunque identico al soggetto, il soggetto identico al predicato. Può sembrare che le questioni di verità, sulle quali pur non mi soffermo, siano false questioni, perché apparirebbe ovvia la unità nella immagine ove stanno insieme come un fatto, un dato non interpretabile ma constatabile. Omettendo il verbo, si fa sì che sembri non esserci bisogno alcuno dell’operare del pensiero, della mediazione che unisca. Ma se ci fermiamo a riflettere, non possiamo non fare caso ad altro eventuale “fatto”: che ad esempio abbiamo a che fare con una mela gialla, dunque mela-rossa elimina il giallo dalle possibilità di esperienza? Sembra di no. Allora mela e rosso non sono l’una esplicitazione dell’altra, perché ciò falsificherebbe a priori l’esperienza del giallo, cosa che invece mi pare poter ben accadere! Mela e rosso sono un’esperienza fra altre, una possibilità fra altre: accade che un soggetto percipiente e dicente possa mettere insieme mela e rosso, come anche mela e giallo. C’è bisogno di riconoscere che ci sia tale soggetto percipiente e dicente, c’è bisogno di riconoscere che si dia il pensiero che lega i due in una predicazione sintetica. Se non si scrive il verbo, si nasconde il “lavoro” del pensare, cioè del legare, unire ciò che non è appunto analitico, non è unito "di natura", "per natura", “di necessità”, cioè senza bisogno di mediazione, appunto, del pensiero/lavoro umano.

Tale e tanta la confondibilita' di presunti identici che, se si dice "bomba intelligente" non si desta alcun sospetto.

Esaminiamo: abbiamo "bomba" e "intelligente". Li abbiamo insieme come un tutt'uno, come se bomba e intelligente siano analiticamente deducibili l'uno dall'altro, come se una cosa come una bomba sia intelligente, e lo è al punto che non devo nemmeno dirlo, non ho bisogno di dire che "è" "intelligente": ometto "è", perché è dato come scontato, ovvio, analitico, appunto, che una bomba sia intelligente. Ora se analizziamo i termini, non possiamo non vedere che c'è qualcosa che non va: cosa è una bomba? Cosa vuol dire intelligente? Bomba è un oggetto esplosivo prodotto dall'uomo, ed esplodendo uccide, distrugge, devasta. “Intelligente” è un andare da un punto ad un altro, un movimento. Per mezzo del "vedere", è un cogliere che quei due punti, tra i quali il movimento va, possono essere uniti: cioè cogliere che da uno si possa giungere all'altro, dall'uno si possa ottenere l'altro come risultato: tipo, se faccio x posso ottenere y. Allora intelligente si può attribuire, e addirittura attribuire analiticamente, a bomba? Un oggetto muove se stesso da un punto ad un altro? Coglie il nesso da un punto ad un altro? agisce intelligentemente? È, cioè, un soggetto pensante? Perché intelligente è appunto il pensiero che vede/coglie il nesso ed agisce conseguentemente, lo esplicita nel dire, lo realizza nell’agire. Il soggetto intelligente sarà stato il produttore della bomba, non la bomba. (Tralascio forse l'elemento critico più importante e cioè che qui intelligente vorrà dire attuare morte e distruzione. Qui si aprirebbe una critica etica oltre che gnoseologica, come cercavo di fare in queste righe.

Non la eviterei, la critica etica, ma bisogna comunque tenere separate le due cose altrimenti si genera confusione, si è disordinati, proprio là dove invece occorre il massimo di ordine di cui posso essere capace).

Dunque intelligente è predicato analitico o sintetico? Analitico non può essere, e ho cercato di mostrarlo. Allora è sintetico. Però se è sintetico, lo si deve far vedere, cioè si dovrà dividere e poi unire mediante un verbo. Si dovrà scindere questo apparente tutto: far vedere che è un composto, e che non è analitico, appunto. Far vedere che è una unità per mezzo di un medio, cioè il verbo che unisce e che, al contempo, dice, manifesta l’atto che quel verbo verbalizza. Se scindo e poi unisco con il verbo essere avrò: bomba è intelligente. Se però il ragionamento fatto sopra risulti ragionevole, dovremmo domandarci ragione del dire “è intelligente” di una “bomba”.

Cosa si vuole dire? Ne abbiamo fatta esperienza? Perché lo si dice? E soprattutto chi lo dice? E dicendolo mostra coerenza con i significati di “bomba” e di “intelligente”? Il verbo essere dice una verità o dice una possibile interpretazione? Dice, forse, un tempo storico, un contesto sociale, ove si può dire che una cosa come una bomba sia intelligente? Inoltre a “bomba è intelligente”, non si fa evidente che manchi un articolo? La bomba? Una bomba? Tutte, qualche, una? Articolo come esplicitazione del quantificatore che ci direbbe se tutte le bombe sono intelligenti (ammesso che tale predicazione abbia un senso in cui ci riconosciamo), oppure qualche bomba, oppure ancora solo una. La differenza è da evidenziare perché universalizza o meno la presunta intelligenza delle bombe: possiamo essere indotti a credere che tutte le bombe lo siano, dunque assolvere tutte le bombe e interpretare come errore statistico il caso in cui la X bomba colpisca un ospedale anziché un “obiettivo militare”, un errore che “purtroppo ci può stare”.

Per concludere, anche solo provvisoriamente, consideriamo che se siamo d’accordo sul predicato sintetico, dobbiamo comunque riconoscere che senza verbo tale non sembra. Che cioè la mediazione sia omessa, nascosta, tanto da sembrare che bomba e intelligente siano deducibili l’una dall’altro. Si è nascosto che c’è un agire ad unire, un leghein, un pensare, un lavoro. Perciò si nasconde un certo essere pensante: sparisce, lui/lei, e il lavoro che ha compiuto.

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