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Il cielo dei deca-loghi. La terra dei a-logoi



Sono su facebook e leggo un post di Orizzonte Scuola che mi incuriosisce. Vado ad aprire il link e scopro un decalogo: si tratta di un decalogo proposto da un dirigente scolastico a proposito del tema “compiti a casa”. Il Dirigente ha scritto e inviato al Miur questo elenco di 10 regole cui noi insegnanti, a suo giudizio, dovremmo attenerci quando assegniamo i compiti per casa ai nostri studenti. Il Dirigente si è preoccupato di coprire l’intero arco del curriculo scolastico, a partire dalla scuola primaria, per finire con l’ultimo anno della scuola secondaria superiore, dunque sono coinvolti tutti gli insegnanti di ogni ordine e grado. Il tema mi sta a cuore e allora leggo con molto interesse. Riga dopo riga, frase dopo frase, si giunge alle regole, e le leggo una dopo l’altra. D’altronde non si può leggere diversamente che una dopo l’altra perché sono riportate come per l’appunto un decalogo: non è un discorso, non troviamo un ragionamento, bensì 10 scarne, enunciate, regole. Autosussistenti, autodedotte, legittime per principio. Petizione di principio? Lascio stare domande “tecniche” perché mi sta a cuore il tema. La lettura mi preoccupa e mi interroga.

Vorrei porre una sola domanda, anche se tante affollano la mia mente, data le estrema delicatezza del tema "compiti a casa". Vorrei sapere cosa significa tempo libero, cosa significa gioco, riposo, cosa significa tutto ciò che "basta non sia compiti a casa" nel tempo degli smartphone, della rete ininterrotta, della connessione illimitata, dell'abbruttimento di quartieri, di strade, di parchi gioco inselvatichiti, di incapacità di stare insieme per più di qualche minuto, perché lo smartphone chiama con l'insistenza degli innamorati gelosi; nel tempo di relazioni scarnificate; di parole impoverite; di genitori oberati di lavoro, se c'è, di preoccupazioni infinite, se non c'è... e di tanta altra miseria sociale, economica, politica, umana.


Credo che "basta che non siano compiti a casa" metta a rischio, piuttosto che far riposare e rigenerare. Credo che sia più rigenerante un disegno fatto per la maestra, piuttosto che ore sopra telefonini, videogiochi, cartoni animati a gogò, o altre amenità per diverse età. Credo che si debbano salvare i compiti a casa e non demonizzare, ma basta che non siano compiti che umilino, che squalifichino, che antepongano quantificazioni numeriche al riconoscimento di impegno, buona volontà, attenzione, capacità di dare a se stessi quella disciplina, che non è quella della punizione, della sanzione, del brutto voto, ma quella del saper stare con se stessi e imparare a contare su se stessi, concentrandosi, piuttosto che dare tanto tempo a tutto ciò che distrae, ma che distoglie anche da sé, e non insegna a stare in piedi sulle proprie gambe, ad essere autonomi nel pensare e nell'essere, nel vivere.

Le ore di scuola sono poche, a parte quella eccezione delle 40 ore, che vorrei sapere dove davvero ancora sussiste, specie se senza mensa scolastica, o con mensa “cara” e motivo di difficoltà, piuttosto che tranquillità delle famiglie; oppure con mensa che discrimina, che mette in stanze separate, che mette a pane e acqua, letteralmente. Altro capitolo della scuola a tempo a pieno, dove c’è, sono gli scuolabus, i trasporti pubblici, la rete viaria, gli orari di genitori e nonni e vicini di casa, delegati a portare e riprendere bambini piccoli.

Scuola a tempo pieno a parte, ove c’è, le ore di studio, nel senso più etimologico del termine, di cura, di premura, di amore, di metterci l'anima, perché non si studia per sé e basta, ma per una società che voglia ancora sapere qualcosa di se stessa, quelle ore sono poche, perché lasciano troppo tempo al Vuoto.


P.S. mi permetto un’altra domanda.

Mi chiedo quale rappresentazione dia, di noi docenti della scuola pubblica italiana, questo decalogo intitolato "regola dei compiti" redatto da un dirigente scolastico e inviato al Miur. Come meravigliarsi della squalificazione sociale cui stiamo andando incontro come corpo docenti, già frantumato, spezzettato, smembrato, da leggi meritocratiche? Noi insegnanti non sappiamo quel che facciamo? Non siamo in grado di sapere, capire, valutare, decidere? A cosa può esporci un quadro che ci rappresenta così poveri di sapere, tanto che abbisogniamo di un decalogo?

Noi insegnanti non siamo inconsapevoli di quel che facciamo, sappiamo quel che facciamo, sappiamo che si debbano assegnare compiti congrui alle conoscenze delle nostre classi, sappiamo che dovremo correggerli, a casa, nel pomeriggio, di sera, di mattina presto; sappiamo che le vacanze sono vacanze, sappiamo che occorre il riposo. Lo sappiamo, viviamo noi stessi lo stesso bisogno di riposo. Ma chi scrive decaloghi così, lo sa? lo sa che sta dicendo cose contraddittorie, e proprio a partire dalle leggi che restringono il tempo scuola, che non ci danno il tempo di spiegare con calma, che non ci danno tempo, perché si annuncia l'inutilità delle stesse lezioni in classe? Allora niente lezioni in classe, niente compiti a casa, niente conoscenza. Mi pare sottendere la contraddizione il decalogo, ma allo stesso tempo il decalogo sembra perfettamente in linea con la scuola dello zero conoscenza.

Link https://www.orizzontescuola.it/compiti-per-casa-il-tempo-massimo-che-ogni-studente-dovrebbe-dedicarvi/?fbclid=IwAR1EJDCH6aNP5yeHmk8ztsn-nMeInu9472YYurRQmESdq047wmHpXMsku9U

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