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La conoscenza non serve (o non è serva???)

  • Associazione R-Esistenze
  • 23 ago 2018
  • Tempo di lettura: 3 min

Quando si afferma che la conoscenza non serve, non occorre, non è necessaria, credo si stia dicendo qualcosa di assai più radicale: si sta dicendo che è la Coscienza che non serve, non occorre, non è necessaria.

La conoscenza è un modo d'essere della coscienza: ma è nel modo d'essere che la coscienza si manifesta; è appunto come qualcosa che definiamo coscienza, in quanto si va differenziando da ciò che, separandosi, le sta di fronte come altro, come altro da sé; è il sé che si va costituendo come soggetto conoscente rispetto ad un oggetto da conoscere. Non da sempre si è soggetto che conosce, perciò non da sempre abbiamo pre-formata, pre-distinta, la distinzione soggetto – oggetto, conoscente – conosciuto. E ciò vuol dire che non da sempre abbiamo la coscienza come appunto tale soggetto, separato, distinto, da ciò di cui la coscienza sarà cosciente come qualcosa di diverso da sé, e che andrà a conoscere, di fatto a fare suo, a togliere quella differenza, appropriarsene, interiorizzarlo. Tutto questo, se si riesce a vedere, è un movimento, un andamento, un processo. Fintanto che non emergano come soggetto e come oggetto, non c’è separazione, non c’è differenza, non c’è perciò nulla di altro che sia da conoscere, ovvero fare proprio, interiorizzare.

L’esempio del gioco dovrebbe essere calzante: finché il bambino gioca con la macchinina, bambino e macchinina non sono un soggetto e un oggetto: non sono un soggetto che, in quanto altro dall’oggetto provi a farlo suo, a conoscerlo, ad interiorizzarlo, togliendo così la differenza. Bambino e macchinina sono una cosa sola come gioco: il bambino sta bene con la macchinina, non gli fa problema, non emerge alcuna domanda. Ma se il bambino comincerà a smontare e rimontare la macchinina, vorrà dire che sarà diventata un problema, una domanda: il bambino non sta più solo giocando, ma prova a sapere come funziona quella cosa che ora è diventato oggetto da conoscere, e il bambino è diventato soggetto che prova a conoscere, a far suo. Se si riesce a vedere allora, si comprende che è in tutto questo movimento che si dà la coscienza come conoscenza, la conoscenza come coscienza separata, come coscienza di qualcosa che è altro da sé, come soggetto conoscente, come domanda, dunque come conoscenza potenziale ed eventualmente effettuale.

Allora cosa vorrà dire che “non serve conoscere”? vuol dire che non serve che emerga una domanda? non serve separarsi dalle cose che si vanno facendo? Che si resti sempre come in un gioco? non serve l'emergere di un soggetto ed un oggetto, di identità e differenza? Non serve, poi, il superamento della opposizione a mezzo relazione, a mezzo appunto del movimento stesso, di una unità che si separa, si differenzia, e poi si ricongiunge nella conoscenza, nella interiorizzazione? E non serve nemmeno che, nella separazione, la coscienza sarà coscienza, oltre che dell'altro come differente, anche della sua posizione di altro dell'altro e, perciò, della sua finitezza? La coscienza di fronte a se stessa: dunque la conoscenza intanto si definirebbe come un sapersi limitati, una parte rispetto ad un'altra, non singolarità atomiche, né tantomeno autosufficienti, né autonome, ma in relazione. La relazione è antagonistica, non ludica; eppure attraverso la relazione il soggetto e l’oggetto potranno co-appartenersi, superare l’estraneità, che il gioco finge non esserci affatto, e che permanere nel gioco non fa altro che perpetuare la finzione.

Questo è l'illusione del mondo iperliberista che dice che la conoscenza non serve. Dove però, senza velo di Maya, senza far emergere la alterità, la estraneità, la differenza, non c'è nulla da squarciare, così quindi non c'è nulla che sia domanda; ma questo vuol dire che non c'è alcuno sviluppo di alcuna Coscienza, perché la coscienza, come appunto coscienza di qualcosa e perciò alterità fra coscienza e il qualcosa di cui si sia coscienti, la coscienza è erosa ab principio.

La conoscenza è optional? Inutile? Aggirabile? Oppure conquistabile senza sforzo perché già a disposizione: basta il solito clik? La conoscenza si ottiene giocando e divertendosi? Così si espunge alla radice il movimento della coscienza.

P.S. c’è una nota per me positiva nel dire che la conoscenza non serve: certo che non serve! La conoscenza non è serva, mai. Non serve nessun signore. Come non serve nessun fine, per cui essa possa essere concepita come mezzo.

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