Briciole di Bellezza: dialoghi di speranza per il futuro del Bel Paese
- Barbara Abbruzzesi
- 9 ott 2018
- Tempo di lettura: 2 min

Filippo Cannizzo ci regala un libro piacevole e allo stesso tempo denso. Il suo pensiero etico-politico prende forma all’interno di una cornice insolita per gli addetti ai lavori: il racconto di un viaggio, il dialogo e l’incontro con tanti personaggi. L’enfasi dei dialoghi è bilanciata da un uso sapiente dei dati scientifici, a dimostrare le cause dei tanti problemi italiani (economici, sociali, ambientali e culturali) e a consigliare le possibili soluzioni. Le innumerevoli fonti citate a pié di pagina tradiscono la serietà dell’opera, lo studio meticoloso dei fenomeni descritti, il lavoro dello scienziato. Tante le aperture, l’invito ad approfondire, a prender coscienza.
Il leitmotiv del caffè al vetro ci accompagna nei vari paesi, ogni luogo un personaggio, un espediente narrativo per raccontare le debolezze e i disagi dell’attuale Sistema Italia. Un filo rosso poi annoda ogni voce, ogni pensiero dell’Autore: la bellezza. Cannizzo ha in mente non la semplice riabilitazione dell’articolo 9 della nostra Costituzione, ma una vera e propria rivoluzione mentale e poi fattuale. Nell’introduzione è chiaro l’intento, chiara la sensibilità e la pacatezza di chi scrive: “E’ un libro dedicato ai sognatori, a noi che restiamo umani, a noi che abbiamo un mondo da cambiare…”. Gli fa eco Peppino Impastato, che lo stesso Autore cita, insistendo sull’ educazione alla bellezza, sulla necessaria consapevolezza di essere “testimoni e al contempo custodi” del nostro patrimonio “per diritto di nascita”. Ma “la bellezza è un bene fragile”, necessita di cure, “altrimenti diventeremo un passato senza futuro”.
La riflessione sul peso della cultura si sposta sul piano economico, laddove un vecchio slogan recita: “i beni culturali sono il nostro petrolio”: ebbene niente di più falso, mai metafora fu più inopportuna. Con estrema razionalità Cannizzo dimostra come la cultura sia “qualcosa che non si trova ma si costruisce”, come la cultura sia il contrario del petrolio “perché si deve creare, non si può solo consumare. La cultura non è petrolio. La bellezza non è petrolio.(…) La cultura non è un prodotto di consumo con una data di scadenza, la cultura è un bene potenzialmente inesauribile, a impatto zero e, soprattutto, è patrimonio di tutti”. La soluzione consiste nell’invertire la rotta, nel far dipendere l’economia dalla cultura. Ecco la rivoluzione mentale: uscire fuori dalla logica del mercato, dell’utilitarismo, della mercificazione. “Coniugare l’estetica con l’etica” è indubbiamente il fulcro del pensiero di Cannizzo, in linea con gli ideali dei Padri Costituenti quando scrissero quell’originale articolo 9. Un articolo che coniuga il paesaggio col patrimonio storico e artistico, natura e cultura come beni di tutti: “la bellezza è uno strumento di eguaglianza, inclusione sociale, integrazione. Potremmo quasi dire che siamo una nazione per via della bellezza e non per via di sangue, stirpe o religione”. L’opera si chiude con un evidente invito a desiderare la bellezza, a insegnare la bellezza ai giovani nel concreto, come azione politica che guida un popolo a riappropriarsi dei propri beni, a prender coscienza del proprio patrimonio, per condividerlo e preservarlo: “la bellezza, se intesa come condivisione, salvaguardia e sostenibilità, può rappresentare il nostro futuro. (…) Creare lavoro generando bellezza non è un’illusione, ma un investimento concreto per il nostro paese”. Cannizzo ci fa il dono della speranza, unito a soluzioni concrete: un libro politico. Decisamente.
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